Il conteggio degli impatti sui crateri
I crateri più recenti, come Keplero, Copernicus, Proclus, Censorinus, Tycho ed Aristarchus, sono distinti da un sistema di raggi chiari. Questi raggi, composti da polveri finissime costituite da piccole goccioline vetrose altamente riflettenti, si rivelano particolarmente evidenti durante la fase di plenilunio. La loro attuale rarità suggerisce la limitata frequenza di impatti di corpi di grandi dimensioni sulla Luna. Il materiale espulso durante la formazione dei crateri assume diverse denominazioni in base all’ordine temporale di emissione: le ejecta continue, formate dal materiale più recente, le ejecta discontinue e il sistema di raggi propriamente detto, formato dal materiale più antico.
Successivi impatti o la costante pioggia di micrometeoriti provocano la degradazione delle strutture e il logoramento, riducendo la riflettività dei raggi a causa dell’accumulo di sostanze vetrose a basso albedo. È cruciale notare che la degradazione del sistema di raggi avviene in modo più rapido sulla superficie dei mari rispetto agli altopiani.
L’osservazione dello stato di degradazione e delle dimensioni di un cratere fornisce preziose informazioni sull’età dello stesso. I crateri più recenti, appartenenti al periodo Copernicano, presentano un bordo netto, pareti terrazzate, picchi centrali e un sistema brillante di raggi (es. Copernicus e Tycho). La degradazione del sistema di raggi è tipica dei crateri del periodo eratosteniano, compresa tra 1,2 e 3,8 miliardi di anni fa, caratterizzata dalla perdita delle ejecta (continue e discontinue) e delle pareti nette. L’evidente stato di degradazione classifica una formazione nel periodo definito pre-nettariano, svelando antiche storie scolpite silenziosamente sulla superficie lunare.
La datazione radiometrica
Per determinare l’età della superficie lunare oltre al conteggio dei crateri si utilizza la datazione radiometrica. Il conteggio dei crateri, come avete letto, è ormai una tecnica consolidata che si basa sulla distribuzione delle dimensioni e della frequenza dei crateri osservati, adattata a un tasso di formazione di crateri noto.
L’idea di fondo è che una superficie più esposta agli impatti presenterà più crateri. Questo metodo è stato impiegato anche per stimare l’età di altri corpi celesti del sistema solare. Successivamente, l’età derivata dal conteggio dei crateri viene ancorata e calibrata utilizzando datazioni radiometriche su campioni lunari restituiti da missioni spaziali.
Ad esempio, la recente missione Chang’e 5 ha fornito campioni con un’età isotopica radiometrica di 2,03 miliardi di anni, contribuendo a colmare il divario nelle età precedentemente ottenute dai campioni lunari. Questo nuovo dato è stato utilizzato da Zongyu Yue e colleghi dell’Accademia cinese delle scienze per aggiornare il modello di cronologia dei crateri lunari, migliorando la sua affidabilità. Il nuovo modello, che fornisce età più antiche per molte superfici, dovrebbe aumentare la precisione delle stime sull’età delle caratteristiche non solo sulla Luna, ma in tutto il sistema solare interno.