La genesi dei bacini lunari

I bacini lunari

I bacini lunari sono vasti crateri, formati principalmente dall’impatto di grandi corpi celesti, come asteroidi e meteoriti, che hanno plasmato la superficie della Luna nel corso di miliardi di anni. La differenza principale tra i bacini lunari e quelli terrestri risiede nell’assenza di atmosfera significativa sulla Luna. Mentre sulla Terra l’atmosfera agisce da scudo protettivo, causando la combustione o l’abrasione di molti meteoroidi prima che raggiungano la superficie, sulla Luna gli impatti diretti avvengono senza ostacoli atmosferici. Questo significa che i bacini lunari mantengono la loro forma originale in modo più intatto nel corso del tempo, senza essere erosi dagli agenti atmosferici come avviene sulla Terra. Inoltre, la Luna ospita una maggiore varietà di bacini, poiché le condizioni geologiche e atmosferiche sulla Terra possono limitare la formazione di crateri di grandi dimensioni.

I bacini lunari, scolpiti dall’ininterrotto bombardamento meteorico, raccontano una storia di collisioni celesti che hanno plasmato la superficie lunare nel corso delle ere. L’impatto di asteroidi ha generato onde secondarie, delineando anelli montuosi concentrici che abbracciano questi bacini. Tra i più antichi, spiccano i bacini dei mari Humorum, Crisium e Nectaris, preceduti dall’Imbrium e dall’Orientale, segnando l’inizio dell’era Imbriana.

In questa epoca, un massiccio asteroide ha plasmato l’Imbrium, innalzando la superficie e dando vita a tre distinti anelli montuosi. Attraverso il telescopio, l’anello interno mostra segni di erosione, con alcune colline emergenti da ondulazioni superficiali. Il secondo anello, composto dalle Alpi, Monti Spitzbergen, Monti Tenerife, Monti Recti e colline della Palus Putredinis, è chiaramente visibile. L’anello esterno, più elevato, include il Caucaso, i Carpazi e gli Appennini.

 

Il bacino orientale svelato totalmente dalla LROC

Uno degli obiettivi principali della missione Lunar Reconnaissance Orbiter è la creazione di un  gigantesco fotomosaico globale della superficie lunare utilizzando una fotocamera grandangolare, al fine di fornire una mappa di base esaustiva per l’analisi dei dati raccolti.   Questa  incredibile immagine mostra una porzione del mosaico che si concentra sul più giovane e vasto bacino lunare, Orientale. Tuttavia, soltanto circa la metà del bacino Orientale è visibile dalla Terra, poiché si trova sul margine del disco lunare visibile; per una visione completa del bacino, è stato necessario usufruire dei dati raccolti dalle missioni orbitali.

Come visibile l'”Orientale” è un bacino d’impatto caratterizzato da più anelli concentrici, parzialmente riempito da flussi di basalto marino scuro.

FIG 1- Mosaico di immagini del bacino orientale ottenuto dal Lunar Reconnaissance Orbiter Camera (LROC)

L’Hummocky material – materiale da impatto

Nei bacini, la formazione di ejecta genera un terreno collinoso noto come “hummocky material”.

Si tratta di una “texture” superficiale, irregolare o ondulata, la cui rugosità si colloca tra la conformazione ruvida e quella liscia e che contiene forme di terreno sommesse e ondulate che non sono così accentuate come quelle dei knobs knobby terrain  (terreni tondeggiante) o con un texture rugosa.

FIG.2 – Questa immagine mostra l’hummocky material a nord del picco centrale di Tsiolkovskiy, ancora all’interno del bordo del cratere ma al di fuori della regione inondata dal basalto marino. Gli hummock si sono formati quando il cratere è rimbalzato dopo che lo shock dell’impatto si è dissipato. L’immagine è larga 940 m, con un angolo di incidenza di 75° [NASA/GSFC/Arizona State University]
In alcuni bacini, come la Formazione Janssen nel Mare Nectaris e Fra Mauro nell’Imbrium, parti di queste ejecta sono ancora osservabili.

Con la progressiva diminuzione degli impatti celesti, i grandi bacini formatisi grazie a meteoriti di dimensioni considerevoli hanno rilasciato flussi di lava. La solidificazione di questi flussi ha dato origine ai basalti che costituiscono i mari lunari. In questa fase iniziale, si presume che siano stati formati campioni basaltici, tra cui quelli raccolti durante le missioni Apollo 11 e 17 (Mare Tranquillitatis e Taurus Littrow), caratterizzati da un’età compresa tra 3,8 e 3,5 miliardi di anni e con un elevato contenuto di titanio.

 

 

Piergiovanni Salimbeni è un giornalista iscritto all'ordine professionale dei giornalisti della Lombardia. Appassionato di Geologia lunare e osservazione lunare sin dagli anni Novanta è stato Coordinatore del Geological Lunar Researches Group e Responsabile della Allerta TLP ( Transient Lunar Phenomena) per la BAA. Attualmente è direttore de "La Rivista della Luna" e tester di ottiche astronomiche e naturalistiche sugli altri siti di sua proprietà www.binomania.it e www.termicienotturni.it.

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