In ogni epoca e cultura, la Luna ha ispirato l’umanità: dai nostri antenati primitivi agli scienziati, dagli artisti, ai poeti, sino agli amanti. Si è augurato agli sposi in viaggio di nozze di gioire della “Luna di miele”, consigliando di far durare quel momento magico il più a lungo possibile, onde evitare che, svanita l’euforia, rimanesse soltanto o la “Luna” come monito della temporaneità delle gioie terrene.
I nostri progenitori, tornando alla sera dalle loro cacce nelle caverne, osservarono l’apparizione ciclica della Luna nel cielo, interpretandola come simbolo di immortalità con le sue continue “resurrezioni”, in contrasto con la loro stessa mortalità. Alcuni popoli, come i boscimani del Sud Africa, si sentivano eterni come la Luna stessa, mentre altri vedevano in essa un deposito delle anime dei defunti.
La “faccia” della Luna, indubbiamente maschile, è stata associata al dio Sin dai Babilonesi, il cui culto si diffuse in varie regioni, tra cui l’Arabia e probabilmente la Palestina. Gli antichi Greci, veneravano Selene, la sorella di Elios (il Sole), che durante la notte viaggiava conducendo un carro trainato da giovenche; mentre i Romani la confusero con Diana, dea della caccia.
Nella mitologia cinese, la dea Chang’e vive sulla Luna, una figura leggendaria che incarna il mistero e la bellezza del satellite, e come non ricordarsi “le macchie” sulla superficie lunare, visibili ad occhio nudo, che hanno alimentato credenze e superstizioni, come il pericolo di dormire alla luce della Luna o la credenza riguardanti il “mal di luna”, associato alla licantropia.
L’espressione “Sei un lunatico” era molto presente nel linguaggio comune anche nel passato, ma nel XVI secolo Ludovico Ariosto cercò di smentirla. Nel suo poema epico “Orlando Furioso”, Ariosto fece impazzire il suo eroe Astolfo, per poi trasportarlo sulla Luna grazie all’apostolo Giovanni e al carro di Elia, dove tutto ciò che era perduto sulla Terra era conservato, compresa la ragione, custodita all’interno di un’ampolla.
Dante, nel secondo canto del Paradiso, ha spiegato tramite Beatrice che le macchie lunari non dipendevano dalla densità variabile della materia, ma dalla differente luminosità dei corpi celesti. Questo è il modo in cui si manifesta la diversa letizia degli angeli, che comunicano ai Cieli il loro movimento e la loro virtù.
Certamente, molti innamorati hanno anche visto nella Luna un complice delle loro passeggiate romantiche, ma Shakespeare ha voluto avvertirci della sua mutevolezza tramite le parole di Giulietta nel celebre duetto del balcone con Romeo: “Oh, non giurare per la Luna, la incostante Luna che ogni mese cambia nella sua sfera, per timore che anche l’amor tuo riesca incostante a quel modo”.
Inoltre, la correlazione tra le fasi lunari e i “disturbi femminili” ha portato a una concezione della Luna come simbolo di fertilità e parto. Contadini e pastori programmavano le loro attività agricole in base alle fasi lunari, seminando e piantando durante la Luna crescente e raccogliendo durante la Luna calante.
Leopardi, centocinquant’anni fa, si rivolgeva alla Luna e ai suoi “fratelli” celesti con domande profonde: “Che fai tu, luna, in ciel, dimmi, che fai? / silenziosa luna? / sorgi la sera, e vai, / contemplando i deserti; / indi ti posi. / Ancor non sei tu paga / di riandare i sempiterni calli? / … Dimmi, o luna: a che vale / al pastor la sua vita, / la vostra vita a voi? Dimmi, ove tende / questo vagar mio breve, / il tuo corso immortale?” Più recentemente, Garcia Lorca scriveva: “Luna che ti desidero, Luna”; e Rita Hayworth fingeva di cantare: “Tu, che mi sorridi o verde Luna”.
Prima dell’invenzione del cannocchiale, ogni popolazione credeva di vedere sulla Luna proiezioni gigantesche di figure diverse: Caino (ai tempi di Dante), un drago (per gli Asiatici), la lepre (per Messicani e Giapponesi), un uomo decapitato (per gli Svedesi), un cane (per Tedeschi e Indiani). Tuttavia, fu Galileo, con l’invenzione del cannocchiale nel 1610, a scoprire crateri, monti e mari. L’avvento della fotografia nell’astronomia, intorno al 1850, facilitò la creazione di mappe lunari dettagliate.
Artisti come Vincent van Gogh e Claude Monet hanno immortalato la Luna nei loro dipinti, catturando la sua luce argentea e il suo fascino misterioso. La poesia di autori come Edgar Allan Poe ha esplorato il lato oscuro e enigmatico della Luna. La musica, con composizioni come “Clair de Lune” di Claude Debussy e “Moon River” di Henry Mancini, ha celebrato la magia e il romanticismo della Luna, trasformandola in una fonte infinita di ispirazione per generazioni di artisti e pensatori
Ma fu la fantasia di Jules Verne, unita allo scrupolo della documentazione scientifica, a rendere la Luna raggiungibile. Verne scrisse due romanzi, “Dalla Terra alla Luna” e “Intorno alla Luna”, in cui previde con un’intuizione straordinaria molte delle fasi che avrebbero preceduto la missione dell’Apollo 11. Dai dettagliati disegni del vagone-proiettile (l’astronave) lanciato a velocità vertiginosa dagli Stati Uniti (dalla Florida anziché dal Texas) verso il satellite, alla costruzione di una città per la realizzazione del progetto, Tampa Town o Moon City, simile al centro spaziale di Houston. Verne anticipò anche il timore degli esploratori (gli astronauti) di finire attirati in un’orbita ellittica, il malessere dei coraggiosi pionieri (o mal di spazio), l’allunaggio morbido mediante l’accensione di venti cannoni-razzo, il ritorno concluso con un tuffo nel Pacifico e l’intervento di una nave della marina statunitense.
L’epico sbarco dell’Apollo 11 sulla Luna nel 1969, con Neil Armstrong che pronuncia la celebre frase “Un piccolo passo per un uomo, un balzo da gigante per l’umanità”, rimane uno dei momenti più iconici della storia spaziale, mentre film come “2001: Odissea nello spazio” e “Apollo 13” hanno portato sullo schermo la suggestiva bellezza del nostro satellite e il coraggio delle missioni spaziali.